lunedì 18 giugno 2007

Da Mariella:
Ho letto di nuovo con molto piacere e con attenzione tutti gli interventi di questo blog da quando è nato. Come tutti voi ho le mie emozioni, e alcune di queste le ritrovo specchiate negli interventi qui di molti amici; e so che anche voi in alcuni interventi vi trovate riflessi, infatti è ciò che questo blog, così come quello in lingua inglese, mette a disposizione: il piacere di esprimersi liberamente, di confrontarsi, di sfogo, di trovare anche conforto e qualche pacata e lenitiva carezza emotiva. C´è un aspetto connesso con l'aver lasciato alfine la FOF, che vi descrivo qui di seguito, e per il quale mi piacerebbe leggere le vostre opinioni in merito. Pensavo tempo fa: " Come è successo che sono rimasta così tanti anni legata alla FOF all´ombra di un´illusione? "E perché negli ultimi 5 anni sono rimasta nella FOF, nonostante non avessi più dentro di me la convinzione che stessi facendo la cosa giusta? Posso analizzare i primi due aspetti a cui penso, per esempio ci sono situazioni ad Isis dove a volte gli studenti che vogliono tornare "liberi" si trovano in condizioni di "dipendenza" sia territoriale (hanno una proprietà da vendere e a volte non è facile) sia lavorativa (svolgono magari lavori che non hanno nel mercato lavorativo all´esterno della FOF un riscontro immediato), e questi sono casi certamente problematici, dire "ricomincio da capo" magari tornando nel Paese di origine, non è una cosa certamente facile; tenendo altresì conto che ogni cambiamento di vita radicale o quasi, comporta uno stress emotivo per nulla trascurabile. Dire "basta è ora di cambiare", in questi casi è difficile, anche se però, si può provare. Ci sono invece situazioni - la maggior parte probabilmente - come la mia, che per andarsene dalla FOF non si ha che da dire "Basta", per tornare liberi da condizionamenti, task, pagamenti, esercizi comportamentali, diatribe e lotte interiori.
Eppure, in tanti come me sono rimasti all´ombra di un´illusione per anni, rimandando il momento del distacco, quasi incapaci di riprendere in mano la propria vita. Perché? Una possibile causa, o motivazione, per me è abbastanza chiaro essere stata la perdita parziale e temporanea della propria autostima. Nel senso che si era innescato uno strano meccanismo di pensiero per il quale se si perdeva la FOF con i suoi dogma ed insegnamenti, si sarebbe persa una certa capacità di analisi della vita senza la capacità di affrontarla da soli. La decisione di lasciare la scuola, sono certa che per me è coincisa con un "colpo di reni" dell'autostima. Anche da sola ce la posso fare, e nessuno può togliermi niente che io non acconsenta a dare. Una sorta di uscire dalla depressione, perché anche l'aspetto umorale nella scuola è tenuto "sotto controllo" attraverso l´insegnamento del Maestro, ed è stato deleterio per molti studenti.
Ho riletto - come dicevo prima - alcuni interventi e si parlava di lavaggio del cervello o condizionamento psicologico: niente di più facile. Ci stupiamo che ci siano al mondo persone disposte a saltare in aria perché gli è stato detto che così facendo avrebbero conquistato il paradiso, e ne abbiamo purtroppo la prova dalla cronaca quotidiana; ci sono vittime di sequestri che per un periodo si ritrovano ad essere dipendenti psicologicamente dal proprio carnefice fino a difenderlo, e in alcuni casi anche a provare un'attrazione emotiva. Difficile quindi capire quello che nella mente si scatena ad un certo punto per cui non c'è più niente che ti frena, che ti blocca, e ti spinge verso l'uscita. Potremmo chiamarlo forse coraggio, quello che a volte ci manca anche solo per affrontare la giornata, ognuno con il suo carico di dolori, responsabilità e difficoltà; ma c'è anche un aspetto che per fortuna esiste nel quotidiano, ed è il piacere per le cose semplici e le gioie che comunque ci arrivano dal circostante, come può essere vedere gli amici senza condizionamenti di comportamento, tornando ad essere liberi nella propria essenza, sempre nel limite del rispetto reciproco, come è del resto fra persone nella vita che hanno semplice buon senso ed equilibrio. Il coraggio quindi di tornare ad essere normali, uniti nella sofferenza e anche nella gioia. E forse potrei anche definirla la fortuna di avere compreso che la strada che avevamo intrapreso è deviata verso una strada sterrata senza meta reale; perché anche nella ricerca del miracoloso esiste una meta reale, ed è quella della consapevolezza di sé, una strada che passa però attraverso la verifica del proprio lavoro, dei propri punti di vista, non certo di quelli confezionati - come diceva Gabriella - a cui dovevamo credere e celebrare come verità inconfutabili. Ma ci si può fermare, e cambiare strada, senza necessariamente pensare di andare in un´altra scuola o seguire un'altra corrente di pensiero. Voglio ringraziare Laura per il pensiero, e per il suo intervento, ti scriverò.
A tutti voi un abbraccio con affetto

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