giovedì 7 giugno 2007

da Gabriella F.
Ci sono cose sordide che ho appreso ultimamente sulla vita personale di Robert e del suo entourage che mi hanno ferito, offeso, cose di cui per tanti anni non sono stata a conoscenza. Non solo per “ingenuità” o grazie ai respingenti (il che non fa di me, né di tutti gli altri “ingenui” degli idioti), ma perché certe cose sono state tenute gelosamente nascoste, specialmente agli studenti nei Centri.
E anche perché forse molti di coloro che sapevano non ne parlavano, oppure ci ridevano sopra, minimizzavano, giustificavano. Non c'è colpa in questo. Uno dei poteri del condizionamento psicologico è portare ad ammettere anche le cose più aberranti in nome dei propri obiettivi. Se si guarda bene, si potrebbe anche arrivare a uccidere in nome di qualcosa del genere. Integrità, senso comune, considerazione esterna vengono bollati come “dominio femminile e moralismo”, oppure con argomentazioni del tipo “è il suo play, non puoi farci nulla”.
A chi chiede “testimonianze” dico che è sufficiente leggere il blog in inglese per sapere che così tanta sofferenza nessuno sarebbe capace di inventarla.

Forse in questo blog si voleva solo provare ad andare avanti, sì.
Ma, dopo aver letto Floria, mi rendo conto che anche questo è, da un punto di vista, un respingente.
A me sembra che possiamo fare le due cose insieme: si lasci che venga messa a nudo la “cruda” realtà (non sappiamo molto qui, a parte le testimonianze del blog in inglese) e al tempo stesso che si possa guardare avanti. L’onestà in fondo, è tutto e non può che far bene.
Personalmente, voglio far tesoro dell’esperienza nella FoF. Sarebbe una sconfitta non farlo: un consegnare ad altri le chiavi del mio lavoro. Quello che ho acquisito, la conoscenza di me che ho accumulato, i miei momenti di presenza, quello che ho visto, è roba mia. Guadagnata. Non è di Robert. E la voglio portare con me. Così come le amicizie profonde che abbiamo sviluppato nella scuola. Forse, il desiderio di “andare avanti” risiede proprio qui: ritrovare vecchi amici e trovarne di nuovi con cui condividere il desiderio di continuare un viaggio che sento ancora mio.

Capisco che la tua condizione, Floria, sia ben diversa perché vivi lì e, come dici, quella è la tua unica casa. Io vivo in una città e ho un lavoro nella vita. La mia condizione è più facile. (L’aspetto difficile, caso mai, è che quando si esce dopo tanti anni dalla FoF e si è in una città, la solitudine è un fatto). Non so nemmeno se tu sia ancora nella FoF o meno, ma hai pensato anche di venire via da lì?
A questo proposito, mi piacerebbe che in questo blog si potesse prendere in considerazione la possibilità di dare una mano, non so come, ma un modo ci dovrà pur essere, a chi desidera venire via da Isis ed è in difficoltà. Non mi soprende infatti che per chi ha costruito la sua vita lì, il suo lavoro, la sua casa, una famiglia, insomma tutto, venire via - ammesso che lo voglia - comporti anche delle grosse difficoltà oggettive. Non so, l’ho solo buttata lì.
Sono contenta che ci siamo ritrovati qui. Comunque, è un modo anche questo di andare avanti. Un abbraccio,
Gabriella

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