venerdì 14 settembre 2007

da Gabriella F.
Credo di aver già detto in precedenza che lasciare qualcosa come la Fellowship of Friends è un processo. Processo di cui fa parte tanto l'esserci entrati come l'uscirne.
Per correttezza, non posso che parlare della mia esperienza.
Probabilmente fin da bambina, come molti di quelli che intraprendono un cammino di evoluzione spirituale, mi sono posta domande profonde cui, a un certo punto, "dovevo" cercare di dare risposte.
È da lì che è iniziata quella "ricerca" che solo ora - dopo aver lasciato la Fellowship - so essere in un certo senso infinita. Per fortuna.
I primi 10 anni nella Fellowship sono stati intensi, oserei dire bellissimi. Per un lungo periodo, Robert ha insegnato la Quarta Via in modo appassionato e poetico e la scuola stessa era bellissima. Gli sforzi personali corroborati dal lavoro di scuola mi hanno senz'altro portato a vedere me stessa come non avrei mai potuto fare da sola. Insomma, per me è stato utile, fino a quando è servito.
Negli ultimi anni, qualcosa si era fermato e ciò che potevo offrire/ricevere nella scuola era sempre più formale e meno sostanziale; senza rendermene conto, era divenuta quasi un'abitudine, un circolo sociale, un mondo "protetto" e chiuso in cui ripercorrere strade già battute, con sempre meno intensità, sempre meno sincerità. Almeno per me, ovviamente.
Inoltre, negli ultimi anni l'insegnamento è profondamente cambiato. Sono uscita a fine febbraio scorso e a quel punto la Quarta Via era stata del tutto abbandonata. Si era passati ormai da tempo a un insegnamento frutto solo della "creatività" di Robert, non verificabile, non pratico, che richiedeva fede assoluta. Lo stesso sito della Fellowship of Friends presenta ora quella che era una scuola come una Chiesa, una religione, e Robert è adulato come una divinità. Al centro dell'insegnamento, la famosa "sequenza" che oggi vedo come un'intromissione forzata in quel nulla senza parole nè tempo che è la presenza.
Ho lasciato la Fellowship dopo 20 anni per questi motivi, sostanzialmente; non sapevo dei blog, sapevo solo in minima parte dei comportamenti sempre più amorali di Robert; non ho lasciato per i soldi, seppure il denaro avesse preso sempre più il sopravvento, una crescita esponenziale senza sosta, soprattutto per partecipare agli "eventi" con Robert. Evito di approfondire qui l'uso per nulla “ortodosso” che di tale denaro viene fatto... Lasciamo perdere.
Qualche giorno dopo aver lasciato ho trovato il blog inglese e ho cominciato a udire testimonianze sconcertanti.
Dunque, si è trattato di un processo e forse l'unico possibile per me. L'errore più grave che si potrebbe compiere è pensare che lasciare la Fellowship of Friends sia la fine. Ho lasciato perché si sente di non andare più avanti, perché sentivo la necessità di pensare, di smettere di battagliare; ho cominciato a vedere le cose diversamente, sono cambiata e oggi posso dire che comincio a intravvedere il mio cammino.
E pensando alle paure che vengono alimentate nella Fellowship per scoraggiare l'allontanamento: non si può forse pensare che chi lascia la Fellowship compie un altro passo avanti nel proprio percorso di crescita, anziché andare verso la morte spirituale? Che può essere un altro inizio e non una fine? Credo ci si debba liberare da questo ricatto psicologico.
Oggi sento l'essere presente come un atto di armonia, di unione, di amore. Non può essere il frutto di una battaglia, di una guerra rappresentabile con gli scudi alzati della centuria romana (ho sentito dire questo a uno degli ultimi incontri cui ho partecipato). È più un "lasciare andare", esserci, tornare lì dove siamo sempre stati.
Solo un'ultima cosa: una volta che il processo di eliminazione si è compiuto (penso fosse e sia necessario dire tutte le cose che si sono dette, anche esprimendo la propria indignazione), arriva il tempo di andare avanti e lasciarsi la Fellowship alle spalle.
Ci sono solo due motivi per cui continuo (e forse continuerò) a "postare" in questo blog: il primo, è far sapere ai miei amici che la vita non finisce con la Fellowship. Il secondo motivo, se possibile, è offrire aiuto e affetto a chi, come me, ha deciso o sta decidendo di uscire e di aprirsi a un mondo che non è mostruoso, dove abbiamo molto da fare e molto da scoprire, e dove non si è soli.
Con affetto sincero,
Gabriella

"E noi che pensiamo la felicità
come un'ascesa, ne avremmo l'emozione
quasi sconcertante
di quando cosa ch'è felice, cade."
R.M.Rilke

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