martedì 18 dicembre 2007

Una vita degna?

da Gabriella F. (d'ora in poi mi ordino libera dalla F. e sarò solo Gabriella...)
Bentornato Karnhack!!!! Brindo con te davanti al mio computer ...

Frater Lucius,
Per rispondere alla tua domanda, mi permetto di riportare qui due pezzi di miei precedenti post, dato che non ho nulla di più da dire riguardo a cosa intendo per “vivere una vita degna”.

Dopo tanta riflessione, a me sembra che non si possa più (ex-studenti o studenti o altro che si sia) prescindere da un fatto: un uomo, per poter evolvere, dev'essere almeno un uomo, un uomo degno di questo nome.
Ci sono esseri che hanno lasciato al genere umano un segno profondo: un segno di bellezza, di purezza, di coraggio, di onestà e di generosità; esseri umani che sanno farci sentire migliori ogni volta che veniamo in contatto con le loro parole, la loro opera, la loro vita. Parlo di Goethe, di Whitman, di Montaigne, di Cristo, di Meher Baba, di Leonardo, di Buddha ... e di tanti altri.
E mi chiedevo in base a cosa ci riferiamo a questi esseri come ad esseri superiori. Perché hanno lasciato un segno così profondo, che rimane ancora fresco, a noi sempre disponibile? Io credo che ciò che ci parla non siano solo le loro opere, le loro poesie, le loro parole, ma sia l'esistenza che hanno vissuto. Erano prima di tutto "esseri umani" degni di questo nome. Il che sarebbe già un obiettivo non da poco per chiunque.
Sono sicura che siamo tutti d'accordo sul fatto che non sia possibile essere una persona avida di denaro e di sesso, preda delle passioni, capace di mortificare gli altri, capace di aprofittare del proprio potere (di ruolo o psicologico che sia) per soggiogare gli altri, ma soprattutto incapace di sacrificio (quello vero, quello che deriva dalla rinuncia a un piacere materiale, per esempio) ed essere al tempo stesso un essere evoluto.
NO, NON È POSSIBILE.
Spesso nella Fellowship ho visto usare l'idea del "dominio femminile" per giustificare comportamenti amorali. Il dominio femminile ha una sua valenza, tutto lo ha, ma io credo che nello specifico della FoF sia stato usato soprattutto per giustificare comportamenti accentratori ed amorali. Ci sarebbero tanti episodi da raccontare al proposito, questo blog ne è pieno (in particolare, vedi il post di Cogito ergo sum di qualche tempo fa È davvero una scuola d'amore? oppure, in generale, la sezione Tutto quello che avreste dovuto sapere della FoF, qui a sinistra). Certo, è comodo cambiare il senso di quello che dice Cristo o la Filocalia, attribuendo a cose molto chiare un significato occulto che non hanno: quando si parla di povertà o di rinuncia è proprio ciò di cui si vuole parlare. Non prendiamoci in giro.
Io credo che l’etica morale sia un valore. Montaigne lo dice molto meglio di me:

“Avete saputo meditare e regolare la vostra vita? Avete compiuto l’impresa più grande di tutte.
Comporre i nostri costumi è il nostro compito, non comporre dei libri, e conquistare non battaglie e province, ma l’ordine e la tranquillità della nostra vita. Il nostro grande e glorioso capolavoro è vivere come si deve.
... Non c’è nulla di così bello e di così legittimo come far bene e dovutamente l’uomo, né scienza tanto ardua quanto quella di saper vivere bene e con naturalezza questa vita; e la più bestiale delle nostre malattie è disprezzare il nostro essere ...
... È una perfezione assoluta, e quasi divina, saper godere lealmente del proprio essere.”

M. de Montaigne

Penso di avere a lungo creduto di essere speciale: prima perché “ho cercato”.. Poi, perché ho creduto di aver trovato. E poi, perché sono stata capace di “disilludermi”, di capire che non avevo trovato niente.
Già. Perché non c’è niente da trovare. È tutto qui. È tutto già qui e c’è sempre stato. Non c’è bisogno di essere speciali, né ‘più fortunati’.I poeti sanno parlare in musica di quello che vedono, “con parole profonde che ci parlano” (non sarà "presenza" ...?)
Baci a tutti.

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