mercoledì 4 luglio 2007

da Gabriella F.
Ma adesso mi rendo conto quanto più potente sia tentare di agire da solo piuttosto che rimanere inconsapevole delle mie motivazioni personali, negando la mia stessa coscienza”. (dal blog inglese - JoelF 770/13 del 3/07)
Vedo qualcosa di molto speciale che cresce fuori dal gruppo. Non un altro gruppo e (Dio ce ne liberi) non un'altra setta. Ma qualcosa”. (dal blog inglese - Comrade 774/13 del 3 luglio c.a.)

Ho riportato queste due frasi dal blog in inglese perché mi hanno fatto riflettere. In un certo senso aiutano a vedere il senso di un blog come questo. Lasciamo che le cose fluiscano come devono fluire, lasciamoci liberi di parlare, che ci si possa incontrare semplicemente, condividere quello che siamo adesso. Verifiche, comprensioni.
Mi rendo conto che è impossibile "dimenticare" la Fellowship, o non parlarne improvvisamente più; per me oggi “andare oltre” implica anche mettere a fuoco il processo psicologico che mi ha tenuto per 20 anni nella scuola, anche quando non riuscivo più a prendere né a dare. Inutile ribadire le cose buone che ho ricevuto dallo stare nella scuola, sono una parte profonda di me e credo sia così per tanti. Solo che forse bastavano 10 anni, o meno... Il resto della permanenza è stato determinato da altri motivi: paura di restare sola e di perdere ogni opportunità, condizionamento psicologico, senso di appartenenza, abitudine, l’idea di “sentirsi a posto” perché si fa parte di una scuola anche se non si partecipa ... Ma tutto questo fa parte della storia personale, come tutto il resto e comprenderlo fa parte di quello che intendo per processo di "guarigione".
Quel "qualcosa" di cui parla Comrade nel blog inglese che sta nascendo, forse siamo noi come siamo adesso, con il nostro bagaglio di lavoro personale. Con in più un nuovo coraggio: essere responsabili della nostra vita e di quello che faremo. "Ci leviamo la cispa dagli occhi"
Qualche giorno fa ho visto un caro amico, uno studente della Fellowship "fermamente" convinto dell'insegnamento attuale di Robert. Lo ascoltavo con affetto cercando di esserci emozionalmente, e mi è parso di intravedere un fervore quasi religioso. Ci diceva, con sincero affetto, che l'importante è "non fermarsi".
Avrei voluto dirgli che finalmente non mi sento più ferma in quell'anfratto astruso in cui si va a finire quando si "nega la propria coscienza". Ma non l'ho fatto.
Dopo tutto questo tempo, sapete qual è la cosa più importante che mi sembra di aver imparato? Non voler essere nulla di diverso da quello che si è, nemmeno un po’. Poiché ciò conduce alla disperazione.

Caro Moreno, è così bella l’idea che siamo "frutti maturi". E in fondo, il coraggio di pensare da sè non è forse qualcosa che sta "nascendo" e che non sappiamo cos'è ...?

Allons! La strada è aperta davanti a noi...

Gabriella

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