giovedì 9 agosto 2007

da Moreno
Uscire dalla Scuola
Passando da una nota ad un'altra, da un’ottava ad un altra, da una vita ad un altra, quel periodo di transizione, di intervallo, di non-definizione, quella scomodità e stranezza che ci pervade da cui vorremmo poter fuggire a gambe levate (dove poi??) è definizione, è un’ottava per se stessa, è uno stato che comunque rappresenta il presente che abbiamo, che stiamo vivendo.
Scomodo senza dubbio, tutto viene messo in discussione, non conosciamo né intravediamo un futuro, solo il passato, forse, sgradevole pure quello, in parte probabilmente non lo accettiamo e per questo può risultare sgradevole, però è ciò che ha rappresentato la nostra vita, il play che abbiamo dovuto recitare, fa parte del nostro vissuto e delle nostre esperienze, perché respingerlo? Respingere ciò che è stato - il passato - è come respingere il presente, teniamo questi 'conti' in sospeso, vorremmo alleggerirci ma rimaniamo aggrappati ai ricordi, al considerare interiormente, alla delusione di verificare un’immagine che non corrisponde alla nostra immaginazione.

Le nostre macchine vorrebbero poter definire o meglio modellare il presente a loro proprio uso e consumo.
Siamo ciò che siamo perché il passato è stato quello che è stato ed abbiamo esperito ciò che dovevamo esperire che ci sia piaciuto o no. Direi che il risultato delle nostre vite non è poca cosa, non è poca cosa condividere amicizia tentando di 'esserci', tentando di condividere ciò che di più alto abbiamo da dare, non è poca cosa.
Per sopportare la non-definizione bisogna aggrapparsi al presente perché il presente si offre così in questo momento, in questi termini. Nella scomoda non-definizione le nostre macchine si gongolano offrendoci una gamma completa di "perle" sul come eliminarla.
Spesso cerchiamo di scappare da queste scomodità, ma in realtà possiamo farlo? Sappiamo come?
Potremmo forse metterci lo scopo di bestemmiare, oppure non so... maltrattare il primo che ci capita a tiro, magari un vecchio amico...no... forse considereremmo interiormente, non ci riusciremmo, meglio con il coniuge o i figli...sì meglio, oppure con il cane o la porta di casa...almeno la porta non reagisce; sì è meglio, è più facile.
'Perle' a parte, forse il compito talvolta è di sopportare le scomodità. Così facendo, molte energie si mettono in gioco e circolano nella macchina; intenzionalmente, poco a poco, possiamo sopportare queste energie. Sopportazione è preludio di trasformazione e accettazione e un aspetto dell'accettazione è abbandonarsi, accogliere il presente a braccia aperte, accoglierlo nei suoi termini, amarlo così com'è, perché non potrebbe essere diverso da ciò che è: l'accettazione è uno stato.
Sopportare di essere come siamo, di vederci 'addormentati', incapaci di essere presenti quando lo vorremmo, non fuggire davanti a ciò che vediamo in noi e che non corrisponde a ciò che credevamo di essere, inghiottire le "figuracce", sopportando i nostri ed altrui errori, sopportando il non giustificarsi se non abbiamo la casa in ordine, trasformando il nostro essere attraverso questa sofferenza, accogliendoci a braccia aperte perché non c'è veramente altro posto dove andare se non in noi stessi, se non dove ci troviamo ora.
Sembra sia giunto il momento di alzarsi e iniziare a camminare da soli, star su sulle proprie gambe, divenire un po’ più adulti, riverificare il sistema per noi stessi, ricostruirlo nel respiro, nel movimento, nella testa e nel plesso solare.

Abbracciandovi, auguro sinceramente a tutti voi, ciò che augurate a me.
Moreno

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.