lunedì 6 agosto 2007

da Gabriella F.
Non c'è nulla di più che potrebbe essere detto, ormai. Nulla di più forte, di più doloroso, deludente, riguardo a Robert e alla FoF.
Ti dici , "l'ho amato come un padre"; ti dici, "gli anni più belli della mia vita"; ti dici, "sì, va beh, andiamo avanti adesso"; ti dici, "è stata un'esperienza così utile, mi ha portato fin qui..."; persino i miei famigliari dicono che, pensando a come ero quando ho raggiunto, mi ha fatto bene.
Ma la realizzazione, quella vera non può che essere una: sono stata 20 anni in una setta, là riponendo non solo i miei anni migliori, ma i miei sogni, le mie amicizie più profonde, i miei ideali di vita e di evoluzione ... Disinterassatamente, appassionatamente.
E non può che essere questa la conclusione, sono stata 20 anni in una setta. L'ho lasciata quando mi sono "resa conto", e non potevo accettare di mentire a me stessa e tradire la mia coscienza.
Allora? Adesso che sono passati 6 mesi, cosa provo?

Oggi, in trattoria, c'era una tavolata di persone che non facevano che urlare sciocchezze, denigrandosi l'un l'altro, l'un l'altro promuovendo gli aspetti più miseri di ciascuno .... e ridevano sgangheratamente ... senza sosta, senza tregua, senza riposo.
Ho visto che non riuscivo a provare "compassione", mi davano solo fastidio; mi facevano tristezza, provavo solitudine, disarmante.
"Robert aveva raccontato qualcosa di simile una volta...", ho pensato. Ed eccola affiorare una sottile nostalgia: per i dialoghi tra studenti (quando c'erano), per l'amicizia ...
Apprezzo così tanto che in questi blog si cerchi di analizzare cosa ci è successo, perché, come, e tutto per perdonarsi e riuscire, una volta curati, a continuare.
Ma se c'è una lezione che penso di aver imparato in questa vita, con questa esperienza della Fellowship, è che voglio tentare di non respingere. Preferisco andare a fondo, anche se fa male, ma farlo; capire quello che mi riguarda.
Già. Perché stare tutto quel tempo nella FOF, partire, lasciare lavori, cambiare Paesi, fare "proseliti" ... (e mi ricordo con quanta sincerità, ci pervadeva la convinzione...), tutto questo non ha riguardato un altro, ha riguardato ME.
Che ora siedo qui ad ascoltare la musica sul terrazzo, con davanti quello che ho, quello che sono, a voler dare un senso, con la stessa inquietudine di quando sono entrata nella Fellowship ...
No, signori. Non è del tutto indolore, almeno, non per me.
Qualche pensiero utile, Amici?

Con amore,
Gabriella

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